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08/01/2023
Backstage di Fear. Come già accaduto in passato, le telecamere poste per i corridoi sono in grado di catturare qualche extra dietro le quinte. Ancora una volta, gli obiettivi ci offrono una conversazione dello strano duo di Aaron Lahart e Marguerite Clairvaux. Quest’ultima, reduce dal suo esordio ufficiale contro la double champion Megumi Shibata, sta ancora accusando i postumi del match, seduta su uno dei tanti box che fanno da scenografia agli interni dell’arena. L’inglese, in piedi, sembra star ancora riflettendo su quanto accaduto stasera.
AL: Scoraggiata?
MC: No, dolorante. La schiena fa male, il collo mi sta uccidendo.
Insomma, poteva andare meglio. Ma, sicuramente, anche molto peggio.
AL: Direi che possiamo trarre qualcosa di positivo da stasera. Una performance del genere sarebbe un ottimo biglietto da visita per qualsiasi esordiente. Non solo per aver avuto il coraggio di raccogliere un guanto di sfida di quel calibro, ma anche per essere riuscita a non sfigurare contro una campionessa di quel livello, io credo, realisticamente, che tu possa esser soddisfatta.
MC: È anche vero che ho realisticamente perso.
AL: Sono stato per anni uno dei più illustri perdenti di questo sport. Forte dell’esperienza che ho maturato sotto questo specifico aspetto, posso dir-
La wrestler francese interrompe questo mirabile sforzo apologetico semplicemente alzando un dito.
MC: Mi sembri fin troppo preoccupato.
Aaron fa spallucce.
AL: Colpevole, vostro onore.
MC: Non ce n’è bisogno. Quando ho deciso di entrare a far parte di questo mondo e seguirti, sapevo già che mi sarebbe costato molto e che sicuramente non sarebbe stato facile. Sarebbe veramente stupido da parte mia non mettere in conto qualche passo falso.
Un sospiro.
MC: Direi che il match di stasera ha confermato tutto quello che di cui ero già a conoscenza, ma soprattutto mi è stato utile. Prima, sapevo cosa dovevo fare, ma non avrei saputo elaborare in maniera veramente precisa come avrei potuto farlo. Adesso lo so per certo, è una risposta che ho sempre avuto a portata di mano.
Apparentemente lo sa.
MC: Con il dolore.
AL: Chissà perché, me l’aspettavo.
MC: Beh, non è la nostra capacità di sopportare il dolore che, fisico o metaforico, da queste parti certifica la fermezza degli obiettivi di un’atleta? Non è su questo che hai basato tutta la tua carriera?
La gestualità del wrestler di Manchester è quella di un uomo che sa di essere sotto accusa.
AL: Alzo le mani. Non sono certo nella posizione di redarguire nessuno a riguardo, purché il dolore di cui si parla abbia uno scopo. Si tratta, ugualmente, di un cammino talmente arduo che non lo augurerei a nessuno. Figuriamoci a te.
Marguerite punta il dito verso il suo interlocutore.
MC: Sono 10 anni che parli di come essere all’altezza, che cerchi di capire in che modo essere degno della tua causa. Casualmente, sono sempre 10 anni che la chiave di questo rebus, per te, è sempre il dolore. Sei andato avanti provandolo, sopportandolo e usandolo, per ricordarti l’importanza del tuo obiettivo e di tutti i tuoi ideali. Per me ha uno scopo. Lo stesso che ha per te, perché identica è anche la missione che devo portare a termine. Perché mai, allora, io dovrei farei diversamente e dubitare di me dopo una singola sconfitta?
Bella domanda. La Clairvaux lo fissa per qualche secondo e Lahart, evidentemente, una risposta non ce l’ha.
MC: Vedi? Non solo non ho alcuna intenzione di fermarmi, sono convinta invece che la scelta migliore sia proprio quella di imitare il tuo percorso, a cominciare dal 28 gennaio.
AL: Il 28 gennaio? Ma allora…
MC: Heh. Indovinato.
Aggiunge, sorridendo come chi non ha alcun cruccio a questo mondo.
Camera Fades.
Edited by Aaron Lahart - 16/1/2024, 01:41
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